Ragione e sentimento ovvero lavoro e cuore

//Ragione e sentimento ovvero lavoro e cuore

Rubando preziosi minuti alla loro pausa pranzo conosciamo Monica Malparte e Sonia Andreello, entrambe Infermiere al terzo piano del reparto pediatrico.

Quanti pazienti vi trovate a gestire nel vostro piano?
Monica: La capienza massima è di 28 posti letto e purtroppo siamo quasi sempre al completo. Di questi 10 sono occupati da bambini affetti da cardiopatie e 4 invece fanno riferimento alla cardiochirurgia. Ovviamente per ogni bambino dobbiamo contare anche l’adulto che lo affianca, generalmente la mamma o il papà.
Sonia: E poi ci sono poi i pazienti cresciuti…

Pazienti cresciuti? Cosa intendete dire?
Sonia: A volte abbiamo pazienti ricoverati che non sono esattamente in età pediatrica. Spesso si tratta di ex “piccoli” pazienti che grazie ai nuovi strumenti diagnostici e ai passi avanti della cardiochirurgia, sopravvivono e superano la malattia. Quando però hanno necessità di cure è nel nostro reparto che trovano la collocazione più adeguata e quindi tornano da noi, magari affianco a bimbi di pochi mesi.

Di media le degenze quanto durano?
Monica: Dipende: per i bambini con gravi malformazioni cardiache o sottoposti ad intervento chirurgico il tempo della degenza è legato al decorso post-operatorio e varia da 4-5 giorni, a settimane o, in alcuni casi purtroppo a mesi. I bambini invece ricoverati per eseguire un cateterismo cardiaco rimangono, salvo complicazioni per 48 ore. I nostri cardiologi effettuano questa procedura 2 volte la settimana su circa 6 pazienti e quindi abbiamo un ricambio continuo di questi piccoli pazienti. La procedura di cateterismo cardiaco è una procedura che negli ultimi anni ha acquisito un’importanza fondamentale perché, oltre ad essere eseguita per fini diagnostici, viene eseguita anche per fini interventistici evitando, in molti casi, il ricorso all’intervento vero e proprio. Il cateterismo cardiaco viene eseguito in Emodinamica che, logisticamente, è situata in uno stabile diverso dalla pediatria ma il piccolo paziente viene preparato prima e dopo l’esame dal personale del nostro reparto.

Per vicinanza e tempo trascorso insieme voi conoscete forse più di tutti i pazienti e le loro famiglie. Ragione e sentimento ovvero lavoro e cuore, stavolta inteso come emozione di fronte a gravi difficoltà: come gestite tutto questo?
Monica: Lo facciamo, non senza difficoltà, mettendo in gioco i nostri talenti, i nostri limiti, le nostre emozioni. Per i piccoli pazienti e i loro familiari fino a quando sono ricoverati diventiamo noi la loro famiglia e questa situazione alimenta, giorno dopo giorno, dinamiche di relazione che, di fronte ad una malattia, aiutano ad accettarla, a reagire, a ben sperare.
Sonia: La cosa strana è che spesso quando dico che lavoro in pediatria mi viene detto “che bello, con i bambini”. Credo che tante persone non conoscano la dura realtà del nostro reparto. Lo dico soprattutto pensando a loro, ai nostri pazienti, e alle loro famiglie: vanno aiutati nella loro lotta quotidiana. Ed è proprio la quotidianità che unisce tutte noi infermiere e personale medico a loro: li conosciamo ce ne prendiamo cura e loro si fidano di noi. Purtroppo i ritmi sono diventati così frenetici e la mole di lavoro è talmente massiccia che il tempo da poter dedicare loro si restringe alle cure. Questo mi dispiace molto perché se potessi ritaglierei qualche minuto anche solo per due parole in più, per conoscerli meglio.

Ci sono situazioni di disagio a cui vorreste porre rimedio?
Monica: Probabilmente il disagio creato dalla struttura ormai fatiscente! Solo il fatto di avere 4 bagni da suddividere fra i 28 pazienti e le loro assistenze la dice lunga senza contare gli spazi talmente ristretti delle stanze di degenza che oltre a creare disagio ai piccoli pazienti, costringe noi operatori ad un’assistenza da “veri contorsionisti”! In tutta la pediatria poi esistono solo 2 dispensatori di bevande e uno di snack ma manca un “cambia-moneta” e per chi assiste giorno e notte nono è un disagio da poco anche se fra genitori la solidarietà non manca mai.
Sonia: A proposito dei pazienti “cresciuti” spesso si creano delle situazioni di disagio perché si trovano a dover dividere la stanza con neo-mamme che hanno esigenze completamente diverse. I letti, banalmente, spesso sono troppo piccoli per loro.

L’abbiamo chiesto a tutti i nostri intervistati e quindi di rigore lo chiediamo anche a voi: bacchetta magica e lettera per Babbo Natale alla mano, voi cosa chiedereste?
Sonia: Per me davvero una nuova struttura sarebbe il dono più bello, l’aspetto umano che creiamo è stupendo ma non basta a sconfiggere certi disagi.
Monica: tante cose…mi sento quasi impotente nel pensarle. Ma non demordo: mi auguro che qualche politico guardi qui dentro e si metta davvero una mano sul cuore!

2017-07-27T15:56:20+00:00